1. Alfred North Whitehead nacque a Ramsgate, nell'isola di Thanet, nel Kent, estrema regione dell'Inghilterra. La sua vita universitaria ebbe inizio nell'autunno del 1880 al «Trinity College di Cambridge» dove restò ininterrottamente sino all'estate del 1910, prima come studente e poi come fellow: cioè, come membro permanente del personale accademico del College. Nell'estate del 1910 Whitehead si trasferì a Londra e negli anni che vanno dal 1911 al 1914 ebbe diversi incarichi nell'« University College » di Londra, e dal 1914 al 1914 insegnò matematica all'«Imperial College of Scienze and Tecnology» a Kensington. L'anno 1924 chiude praticamente il periodo inglese. Nello stesso anno, dal Presidente della University di Harvard negli U.S.A., gli venne l'invito di occupare la cattedra di filosofia che già era appartenuta a William James, Josiah Royce, George Santayana e Hugo Münsterberg. Inizia così il periodo americano che si conclude, nel 1947, con la pubblicazione di Essays in Science and Philosophy, ampia raccolta di lavori autobiografici, scientifici, filosofici e pedagogici, già apparsi in riviste negli ultimi venti anni della sua vita. Sulla vita di A. N. Whitehead, cfr. Autobiographical Notes, Memories, The Education of an Englishman, in ESP, pp. 3-39; tr. it., pp. 11-48; Dial., passim. Ma v. anche B. Russell, A. N. Whitehead, in «Rivista critica di storia della filosofia », VIII, fasc. II, 1953.


2. Lo stesso Whitehead sottolinea l'influenza che Platone, Aristotele, Descartes, Locke, Hume e Kant hanno esercitato sulla sua concezione filosofica. Locke, in particolare, viene considerato precursore delle «posizioni principali della filosofia dell'organismo ».
Fra i contemporanei, Whitehead si dice obbligato ai realisti inglesi e americani, e, in modo particolare, al professore T. P. Nunn della Università di Londra. Inoltre riconosce che «deve molto» a Bergson, William James, e John Dewey, (Cfr. PR, p. XI-XV; tr. it., pp. 31-37), Nella Prefazione di Science and the Modern World, Whitehead afferma che, per quanto non abbia avuto l'opportunità di fare riferimenti specifici alle opere Emergent Evolution di C. Lloyd Morgan e Space, Time and Deity di Samuel Alexander, il lettore potrà rilevare che «le ha trovate importanti», e conclude che è «particolarmente riconoscente ad Alexander per la sua opera principale» (cfr. SMW, p. XI; tr. it., p. 15). Occorre, infine, ricordare che Whitehead frequentemente raffronta la sua concezione filosofica con quella di Bacone, Berkeley, Spinoza, Hegel e del Positivismo (cfr. PR, passim). Per una diligente analisi del rapporto tra il pensiero di Whitehead e quello di altri filosofi, cfr. A. H. Johnson, Whitehead's Theory of Reality, New York, Dover Publication, Inc., 1962, II ed. (I ed., Boston, Beacon Press, 1952), cap. VII, pp. 119-149; D. W. Sherburne, A Key to Whitehead's Process and Reality, NewYork, The Macmillan, 1966, pp. 126-170.
Su questo punto, e, in generale, sulle origini e sullo svolgimento del suo pensiero v. anche V. Lowe, The Development of Whitehead's Philosophy, in PW; ora ristampato, « ampliato», col titolo Understanding Whitehead, Baltimore, The Johns Hopkins Press, 1966 (I ed. ivi, 1962), parte II, pp. 117-269; J. Wahl, La philosophie speculative de Whitehead, in Vers le Concret, Paris, Vrin, 1932; E. G. Ballard, Kant and Whitehead, and the Philosophy of Mathematics, in « Studies in Whitehead's Philosophy », The Hague, Tulane University, M. Nijhoff, 1961, pp. 3-30; E. Paci, Whitehead e Russell, in Dall'esistenzialismo al relazionismo, Messina-Firenze, D'Anna, 1957, pp, 125-139; N. Lawrence, Whitehead's Philosophical Development. A Critical History of the Background of Process and Reality, NewYork, Greenwood Press Publishers, 1968, V rist. (I ed., Berkeley, University of California Press, 1956), pp. 193-196 passim; R. W. Sellars, Querying Whitehead's Framework, in « Revue Internationale de Philosophie », XV, 56-57, 1961, pp. 135-166.


3. A questo proposito, cfr. R. Metz, A Hundred Years of British Philosophy, London, 1938 (tr. inglese di Phil. Ström, in Grossbrit, Lipsia, 1935, II, pp. 137-140). Il Metz individua, nello svolgimento del pensiero di Whitehead, tre periodi. Questa interpretazione viene convalidata da V. Lowe, Understanding Whitehead, cit., pp, 117-296 (spec, pp, 117-122), e in Italia, da C. Sini, Whitehead e la funzione della filosofia, Padova, Marsilio, 1965,. pp. 19 ss.; da P. A. Rovatti, La dialettica del processo. Saggio su Whitehead, Milano, Il Saggiatore, 1969, pp. 26-27; da A. Deregibus, Ragione e Natura nella filosofia di Whitehead, Milano, Marzorati, 1972, pp. 21-24. Riportiamo, intanto, la tripartizione suggerita dal Lowe, come quella che è generalmente riconosciuta da parte dei commentatori di Whitehead: 1891-1913: il periodo degli scritti A Treatise Universal Algebra, 1898, On Mathematical Concepts of the Material World, 1906, Principia Mathematica, 1910-1913, An Introduction to Mathematics, 1911, caratterizzato dalle ricerche sulla matematica, sulla fisica matematica e sulla logica; 1914-1923: il periodo degli scritti Space, Time and Relativity, 1915, The Organisation of Thought, 1916, The Anatomy of some Scientifc Ideas, 1917, Enquiry Concerning the Principles of Natural Knowledge, 1917, The Concept of Nature, 1920, The Principle of Relativity, 1922, dedicato a ricerche sulla filosofia della scienza fisica; 1924-1947: il periodo degli scritti Science and the Modern World, 1925, Religion in the Making, 1926, Symbolism, Its Meaning and Effect, 1927, Process and Reality. An Essay in Cosmology, 1929, The Function of Reason, 1929, Adventures of ideas, 1933, Modes of Thought, 1938, Essays in Science and Philosophy, 1947, dedicato a ricerche specificamente filosofiche. Con queste opere si realizza la speranza di Whitehead, espressa nella Prefazione alla seconda edizione di Principles of Natural Knowledge, di «dare corpo al punto di vista esposto in questi volumi (con riferimento a quelli del secondo periodo) in un più completo studio di metafisica». L. Actis Perinetti propone, invece, una diversa interpretazione. Questi ritiene « insufficiente » o, comunque, « insoddisfacente » la suddivisione del pensiero di Whitehead in tre periodi, perché siffatta interpretazione «non penetra a fondo il significato che assume il termine 'metafisica' in Whitehead, né scorge l'interiore dinamismo che porta Whitehead, se non altro, a un'ulteriore fase di sviluppo, nella quale la metafisica e il cosmologismo diventano inoperanti, mentre s'affaccia una nuova problematica del valore» (cfr. Premessa, in Cosmologia e Assiologia in Whitehead, Torino, Edizioni « Filosofia », 1954). In ogni caso, i tre periodi o quattro - come suggerisce Actis Perinetti - dello sviluppo del pensiero di Whitehead non sono da considerarsi «fasi» nettamente distinte, perché non è posta in discussione tanto la «continuità» e la «unità dinamica» delle sue idee (cfr. A. Deregibus, op. cit., pp. 21-22), quanto piuttosto la relazione che sussiste fra le dottrine formulate da Whitehead in questi periodi o stadi (cfr. Ann L. Plamandon, Whitehead's Organic Philosophy of Science, Albany, State University of New York Press, 1979, p. I). In breve, il problema è di stabilire se le teorie whiteheadiane del terzo stadio differiscono solo nel grado o anche nel tipo rispetto a quelle dei primi periodi. Il Mays, ad esempio, afferma che Process and Reality, anche se tratta problemi che vanno oltre quelli considerati esplicitamente nelle opere dello stadio logico-matematico, dà a questi problemi una soluzione che sostanzialmente non é diversa da quella data in precedenza. Si tratta, perciò, di una differenza di grado e non di tipo (cfr. W. Mays, The Philosophy of Whitehead, London, George Allen and Unwin, Ltd., 1959, p. 20). Anche il Lawrence è dello stesso parere. Egli sostiene che la continuità, nel pensiero di Whitehead, si dà nel costante e graduale approfondimento filosofico delle precedenti nozioni, cioè Whitehead avrebbe discusso i problemi del primo stadio nei termini dello schema metafisico del terzo stadio (cfr. N. Lawrence, op. cit., pp. XIII.XXI). Dall'interpretazione del Mays e del Lawrence differisce nettamente quella del Leclerc. Questi ritiene che per quanto, in Process and Reality, Whitehead affronti gli stessi problemi (i nuovi problemi filosofici della scienza), essi, tuttavia, non occupano un posto centrale. Ciò che, invece, é centrale in Process and Reality è la discussione dei problemi metafisici tradizionali, per cui - conclude il Leclerc - è più corretto affermare che nel terzo periodo si ha una modificazione delle precedenti teorie non soltanto nel grado, ma anche e soprattutto nel tipo (cfr. I. Leclerc, Whitehead's Metaphysics: An Introductory Exposition, London, George Allen and Unwin, Ltd., 1958, pp. IX, 3-5).


4. Si tenga presente che, nella terminologia whiteheadiana, «entità reale», «evento» («event»), «occasione reale» («actual occasion»), «occasione di esperienza» («occasion of experience») o semplicemente «occasione» e, infine, «goccia di esperienza» («drop of experience») sono nozioni che assumono tutte lo stesso significato.


5. PR, p. 18; tr. it., p. 70.


6. Cfr. PR, p. 18; tr. it., p. 70.


7. PR, p. 24; tr. it., p. 80. I corsivi sono nel testo.


8. Cfr. PR, p. 244; tr. it., p. 475. «Secondo il principio ontologico non c'è nulla che non penetri nel mondo provenendo da qualche parte. Ogni cosa nel mondo reale è riferibile a qualche entità reale».


9. Appare qui evidente il rapporto-divisione fra Whitehead e Leibniz. Il filosofo tedesco sostiene la tesi che le sostanze materiali, considerate nello spazio, non possono che agire nello spazio; pertanto tutto viene ridotto alla sostanza mentale, con conseguente necessità di ricorrere a Dio per spiegare la relazione fra il «fisico» e il «mentale» (le monadi, perché senza finestre, non comunicano tra loro). Whitehead, invece, afferma che le entità reali, gli eventi sono interdipendenti e hanno sia un polo fisico che un polo mentale. A tale riguardo, cfr. A. H. Johnson, Leibniz and Whitehead, in «Philosophy and Phenomenological Research», 1958-1959, pp. 285-305; v. anche E. Paci, Relazioni e Significati, Lampugnani Nigri, Milano, 1965, vol. I, pp. 40-60, e, dello stesso autore, Sul primo periodo della filosofia di Whitehead, in «Rivista di Filosofia», XLIV, 4, 1953, pp. 397-415.


10. PR, p. 23; tr. it., p. 78. I corsivi sono nel testo.


11. PR, p. 19; tr. it., p. 71.


12. Whitehead distingue due tipi di prensione positiva. Quando sono positivamente presi i «dati concreti» si ha la «prensione fisica»; quando, invece, sono presi positivamente i «dati astratti» (gli oggetti eterni) si ha la «prensione concettuale».


13. PR, p. 20; tr. it., p. 72.


14. Per un'analisi degli «elementi formativi», in Whitehead, cfr. D. W. Sherburne, op. cit., pp. 20-35; G. Riconda, La metafisica dell'esperienza di A. N. Whitehead, Torino, Giappichelli, 1975, pp. 30-40; e, dello stesso autore, Whitehead: L'ipotesi metafisica, in « Filosofia », XXVII, 3, 1976, pp. 395-452 (spec., pp. 416-436); F. Bradford Wallack, The Epochal Nature of Process in Whitehead's Metaphysics, Albany, State University of New York, 1980, pp.
XVIII-369.


15. Cfr. PR, p. 21; tr. it., p. 74. Su questo aspetto del pensiero di Whitehead, v. G. Riconda, Whitehead: Il Processo, in « Filosofia», XXVIII, 1, 1977, pp. 89-136.


16. Cfr. PR, p. 21; tr. it., p. 74.


17. PR, p. 222; tr. it., p. 436. I corsivi sono nostri.


18. PR, p. 22; tr. it., p. 75.


19. PR, p. 22; tr. it., p. 76.


20. La funzione degli «oggetti eterni» ricorda le «Idee» di Platone. Occorre comunque notare che la dottrina degli «oggetti eterni » ha subito, in Whitehead, importanti sviluppi. In PNK e CN essi sono visti come oggetti che «entrano» negli eventi o come elementi di «ricognizione sensibile», mentre in SMW vengono definiti come gli «universali » o gli «oggetti eterni», comprensibili senza alcun riferimento all'esperienza concreta.


21. MT, p. 69; tr. it., p. 114.


22. Bisogna tener presente che, per Whitehead, già al livello degli «oggetti eterni», la potenzialità si trasforma in attualità, essa stessa meramente ideale e astratta.


23. PR, p. 40; tr. it., p. 115.


24. PR, p. 31 ; tr. it., p. 91.


25. PR, p. 32; tr. it., p. 93.


26. PR, p. 32; tr. it., p. 93.


27. PR, p. 346; tr. it., p. 653.


28. L. Actis Perinetti, op. cit., p. 38. L. A., inoltre, sostiene che Whitehead «non intende giungere ad una concezione personalistica e trascendente di Dio».


29. PR, p. 34; tr. it., p. 96.


30. RM, p. 107.


31. RM, p. 62.


32. RM, p. 69. Sulla filosofia della religione e sul problema di Dio, in Whitehead, cfr. J. S. Bixler, Whitehead's Philosophy of Religion, in PW, pp. 489-511; C. Hartshorne, Whitehead's Idea of God, in PW, pp. 515-559; A. Parmentier, La philosophie de Whitehead et le problème de Dieu, Paris, Beauchesne, 1968, spec. pp. 349-529. Ma v. anche F. Cesselin, op. cit., pp. 80-93; Kenneth F. Thompson, Jr., Whitehead's Philosophy of Religion, The Hague, Mouton, 1971,
pp. 1-199; M. Sciacca, Il problema di Dio e della religione nella filosofia attuale, Milano, Marzorati, 1968, pp. 131-138; G. Riconda, Whitehead: Dio e l'ordine della natura, in « Filosofia », XXVIII, 3, 1977, pp. 353-388.