1. Nel pensiero del filosofo inglese-americano(1), la cui opera insieme complessa ed
equilibrata accoglie le più valide e diverse istanze culturali della storia della
civiltà occidentale(2), si manifesta un
impegno che indica palesemente come la tematizzazione del problema estetico rivesta
estrema importanza.
Prima di passare alla trattazione particolareggiata del problema in questione, riteniamo
opportuno tracciare le linee essenziali del pensiero di Whitehead, peraltro colto non
tanto nei diversi tempi o fasi di sviluppo quanto piuttosto nelle conclusioni cui esso
perviene(3).
Dovendo, perciò, indicare i capisaldi del sistema filosofico di Whitehead, diciamo subito
che si possono assumere per tali le «entità reali», la «prensione», il «principio
ontologico» e il «nesso».
Le «entità reali» («actual entity»), definite anche «occasioni reali»(4), rappresentano le prime categorie
dell'esistenza: sono l'unica e vera realtà, perché al di là di esse non v'è altra cosa
più reale.
Le entità reali differiscono fra loro per gradazione di importanza e per funzione
relazionale, ma tutte concorrono allo stesso fine e tutte quante, da «Dio» alla più
meschina cosa esistente, sono atti finali, ugualmente «reali», sono «gocce di
esperienza, complesse ed interdipendenti»(5).
A questo punto è importante notare che il concetto filosofico di «entità reale», di
derivazione cartesiana, come esplicitamente ammesso da Whitehead, va collegato a quello
lockiano di «capacità»; tuttavia com'è necessario trasformare il concetto cartesiano
di «sostanza» in quello empirico-relazionale di «entità reale», proprio rifacendosi
in qualche modo all'empirismo lockiano, così è necessario trasformare la nozione di
«capacità» dal suo significato strettamente lockiano (la capacità è «gran parte
delle nostre idee complesse di sostanza») in quest'altro: la nozione di «capacità» è
il principio stesso secondo cui le ragioni delle cose vanno ricercate nella natura
relazionale delle «entità reali». Insomma, la nozione di «capacità» si risolve nel
principio ontologico che afferma: «nessuna entità reale, allora nessuna ragione»(6).
Ma qui «ragione» non è riducibile a causa efficiente soltanto. Whitehead, infatti,
definisce il principio ontologico «'il principio di causa efficiente e finale'»,
ribadendo che ciò «vuol dire che le entità reali sono le sole ragioni,
cosicchè cercare una ragione vuol dire cercare una o più entità reali»(7).
Così il principio ontologico, che è la categoria della spiegazione(8), viene a rafforzare una visione
pluralistica, dinamica e organicistica della realtà. Sia che la realtà si estenda oltre
l'esperienza, sia che si riduca ad essa, è sempre l'intera realtà che va descritta e
compresa. Le entità reali, che sono i fatti ultimi di cui si compone il mondo reale,
hanno un valore dinamico, sono centri individuali di energia, interdipendenti e
costituenti il divenire totale dell'universo.
La realtà è processo, e ciascuna entità reale è un modo del processo di «sentire» il
mondo(9) . Di fatto, «il come un'entità
diviene, costituisce il che cosa quella entità reale é»(10), proprio perché ogni entità reale è
non solo in relazione con le altre, ma le sue relazioni sono, peraltro, costitutive di
ciò che «l'entità» è in se stessa. Un'entità reale è insieme soggetto e supergetto
(«superject»), è «immediatezza soggettiva», e intrinseca unità emergente nel
divenire del mondo. Il processo, attraverso cui l'entità reale interagisce creativamente
con altre entità ed acquista la sua individualità, è quello di «concrescenza». Per
essere più precisi, mediante il processo di concrescenza ogni entità reale s'incontra
con i dati resi utilizzabili da altre,entità reali, cioè «prende» in se stessa tutte
le entità passate e, a sua volta, è presa da tutte quelle future. «Una prensione
riproduce in se stessa le caratteristiche generali di una entità reale: si riferisce a un
mondo esterno, e in questo senso si dirà che ha 'carattere vettoriale'; include emozione
e scopo, valutazione e causazione»(11).
In questo modo, Whitehead attribuisce il sentimento («feeling») a tutte le
entità reali, Ma nel considerare la nozione primaria della prensione, occorre aggiungere
che non tutti i dati sono presi positivamente dalle entità reali(12).
La prensione implica un processo di reazione e di selezione, attraverso cui emerge la
forma soggettiva dell'entità reale che, quale atteggiamento favorevole o sfavorevole,
esprime il fine soggettivo («aim» o «purpose») di essa. Nella prensione, in effetti,
possono essere individuati tre elementi essenziali: il dato preso, la forma soggettiva,
cioè il modo della prensione, e il soggetto prensivo, essendo chiaro, però, che
quest'ultimo non è preesistente, ma esprime l'unità emergente del processo prensivo.
Pertanto, considerati sia le singole «entità reali», che sono già intimamente
relazionali, sia i rapporti (relazioni di relazioni) che corrono tra esse, si può
concludere, con Whitehead, che «i fatti ultimi dell'esperienza reale immediata sono le
entità reali, le prensioni e i nessi», mentre «tutto il resto è nella nostra
esperienza astrazione derivata»(13).
Così, le prensioni sono fatti di relazioni, e le entità reali sono immortali.
Per una più adeguata comprensione del sistema di Whitehead ed anche della sua teoria
estetica, occorre considerare, accanto alle nozioni primarie di «entità reali», di
«principio ontologico», di «prensione» e di «nesso», quelle di «creatività», di
«oggetti eterni» e di «Dio», da Whitehead riferite agli elementi formativi(14).
«'La creatività' è l'universale degli universali che caratterizza il fatto ultimo». Il
processo del mondo è un «incremento creativo» («creative advance»)(15), che tende verso la novità («novelty»).
«Un'occasione reale è una entità nuova, diversa da ogni entità dei 'molti' che essa
unifica. Così 'la creatività' introduce la novità nel contenuto dei molti, che
costituiscono l'universo disgiuntamente»(16).
In altre parole, il processo creativo attraverso cui un'entità reale utilizzi i dati
forniti da altre entità reali, e in tal modo costituisce se stessa, esemplifica la
categoria di creatività. Ma questa non va intesa come una nozione più fondamentale delle
entità reali. «La creatività non è un agente esterno («an external agency»)
con i propri fini ulteriori. Tutte le entità reali condividono con Dio questa
caratteristica di autocausazione»(17).
Gli «oggetti eterni» («eternal objects») designano le «potenzialità pure della
determinazione specifica del fatto» o le «forme di definitezza»(18). Così la nozione di «oggetto eterno» è quella categoria
dell'esistenza che si distingue per il contrasto con la categoria delle entità reali con
«una certa estrema assolutezza»(19).
Gli oggetti eterni sono ideali(20). Essi
sono «eterni», perché indifferenti al tempo, ma non hanno una realtà assoluta; in se
stessi sono puri potenziali e, come tali, si riferiscono alla «vita e al movimento»,
giacché è proprio della «nozione di potenzialità» avere un significato estrinseco(21).
Gli «oggetti eterni», in se stessi immutabili, servono a Whitehead per mettere in
rilievo il momento della permanenza accanto a quello del flusso. Ma essi hanno una
funzione molto più importante: forniscono agli eventi le forme di limitazione e così
introducono il «valore» nel mondo. Vero è che proprio dal rapporto fra queste forme
inattuate e il mondo delle cose emerge la «novità». Gli oggetti eterni hanno una loro
sussistenza in Dio.
Dio («God») è un'entità reale che però differisce, in maniera significativa, da tutte
le altre entità reali. Dio, come principio cosmologico, ha una duplice natura:
primordiale e conseguente. Nella sua natura primordiale, Dio desidera che gli oggetti
eterni siano presi come dati dalle altre entità reali.
Nella sua natura conseguente, Dio è la prensione fisica delle attualità utilizzabili. La
sua natura conseguente dipende dalla continua emergenza di nuove entità attuali. Le
entità reali ordinarie sorgono e spariscono. Sotto questo punto di vista, si può dire
che il processo temporale è un perenne perire. Ma Dio, per la sua natura primordiale, non
è attualità temporale; Egli non è caratterizzato dal processo.
E' Dio che dà stabilità ontologica al mondo come processo; cosicché le potenzialità si
realizzano prima sul piano ideale(22), e
poi sul piano reale, dando luogo alla costituzione di «un'entità reale primordiale» (23). In altre parole, Dio, quale «natura
primordiale», contempla gli oggetti eterni o valori e ne rende possibile di fatto
l'oggettivazione in qualsiasi «entità reale derivata» e Dio, quale «natura
conseguente», si costituisce proprio in funzione delle «sue prensioni fisiche delle
entità reali derivate»(24).
In conclusione, Dio, come natura primordiale, «è un impulso verso il futuro basato su un
appetito presente»(25), è termine di
ogni appetizione, è tensione «alla realizzazione del dato concettualmente 'preso'»(26), è fondamento dell'ordine cosmico e,
in quanto tale, è immutabile; mentre Dio, come «natura conseguente», è, in un certo
senso, condizionato dal mondo, è conseguente al processo del mondo. Per un verso, la
pienezza della natura primordiale rende possibile l'obiettivazione del mondo in Dio, in
quanto onnicomprensivo; per l'altro, la «natura conseguente» divina contiene «la
proprietà di combinare l'incremento creativo con il mantenimento dell'immediatezza
reciproca»(27).
In base a queste ultime considerazioni, Dio e gli stessi oggetti eterni non possono essere
considerati come modelli statici, dovendosi riconoscere che vi è processualità fra gli
stessi oggetti eterni e che Dio - essendo «vivente» - contiene in Sé sia il flusso che
la permanenza.
«Dio e il mondo sono per Whitehead i termini di una dialettica che li connette e li
invera reciprocamente. Primordialmente, Dio è 'uno' e il mondo è 'molti'; nel processo,
il mondo acquista una 'conseguente unità', e Dio una 'conseguente molteplicità '»(28) . In tal senso, Dio concresce con il
mondo e il mondo con Lui. Dio si pone come entità finale del processo di concrescenza,
come sintesi dei due aspetti fondamentali del processo, cioè del flusso e della
permanenza. Dio da principio «astratto», «solo con se stesso», «privo di realtà»(29), in quanto fondamento antecedente di
ogni divenire, finisce coll'«includere concettualmente tutte le possibilità di valore
fisico»(30), Dio non è separato dal
mondo, ma con-vive il mondo, ne assicura la coerenza fra le diverse parti che sono in
continuo processo; Egli è 1'«attuale ma non temporale entità per mezzo della quale la
indeterminazione della sua creatività è trasformata in una libertà determinata»(31). Egli è «il raggiungimento del
valore del mondo temporale»(32).